Il disturbo è aumentato fino a 5 volte, soprattutto tra i bambini

Un aumento di nuovi casi nelle aree geografiche "storiche" accompagnato dalla diffusione della patologia in nuove regioni del mondo: grazie a un gruppo di ricercatori italiani guidati da Alessio Fasano, direttore del Centro per la Ricerca sulla Celiachia (CFRC) dell’Università di Boston (Usa), la diffusione della celiachia a livello mondiale è ora disegnata in una mappa nuova e aggiornata da cui emergono tutti i cambiamenti nella diffusione dell'intolleranza al glutine. 

La ricerca - La nuova mappatura epidemiologica della celiachia, pubblicata sul Journal of Pedriatic Gastroenterology and Nutrition in un articolo intitolato "The New Epidemiology of Celiac Disease", mette in risalto come la malattia sia in aumento nelle aree geografiche "storiche" - quelle, cioè, in cui i cereali contenenti glutine costituiscono gli alimenti base e in cui il disturbo ha avuto origine - e inizi a diffondersi sempre di più  anche in nuove regioni del mondo. “I dati epidemiologici a disposizione della comunità scientifica – spiega Alessio Fasano, direttore del Centro per la Ricerca sulla Celiachia (CFRC) dell’Università di Boston (Stati Uniti) e supervisore dello studio - tengono però conto solo del numero di pazienti celiaci diagnosticati clinicamente o rilevati tramite screening ed escludono il cosiddetto 'icerberg celiaco' di pazienti non diagnosticati. Il rapporto tra casi diagnosticati e non diagnosticati infatti è di 1:03 – 1:05; per questo motivo sarebbe opportuno uno screening sempre più attento dei soggetti potenzialmente a rischio. Dovrebbero essere quindi sempre testati i parenti di primo grado di pazienti celiaci, i soggetti colpiti da altre malattie autoimmuni, le persone con sindrome dell’intestino irritabile o con una sintomatologia che potrebbe suggerire la presenza di celiachia”.

La celiachia nel mondo - Per quanto riguarda Europa e Stati Uniti, ovvero le regioni storiche della celiachia, studi epidemiologici condotti a livello internazionale hanno evidenziato una frequenza media della malattia celiaca nella popolazione di circa l’1% e osservato come negli ultimi 25 anni  l’incidenza sia aumentata di 5 volte, soprattutto in età pediatrica. L’epidemiologia della celiachia è stata studiata anche in Paesi popolati da individui di origine europea e in cui si consuma molto frumento, come il Nord Africa e il Medio Oriente: in queste zone si assiste a un’analogia con la realtà europea e americana, nonostante il tasso di diagnosi sia estremamente basso a causa sia della scarsa disponibilità di servizi diagnostici che di una bassa consapevolezza della malattia. Nel continente asiatico, infine, la presenza della celiachia è ancora per lo più limitata alla cosiddetta “cintura celiaca”, l’area settentrionale dell’India, dovuta in parte alla sostituzione della coltivazione del riso con il grano in quest'area del paese. Tra i 5 e gli 8 milioni è il numero di celiaci stimato (popolazione adulta e pediatrica). Poche ancora le diagnosi.

 

L’aumento della prevalenza - Se, da una parte, l’aumento della prevalenza della celiachia può certamente essere in parte attribuito al miglioramento delle tecniche diagnostiche e a una maggiore consapevolezza della malattia, gli esperti spiegano che è però verosimile supporre che un significativo cambiamento nelle abitudini alimentari - come le variazioni nella quantità e qualità di glutine ingerito e nei modelli di alimentazione infantile - giochino un ruolo importante: “I modelli di alimentazione infantile influenzano lo sviluppo della celiachia e la sua espressione clinica in lattanti con familiarità celiaca – spiega Carlo Catassi, Associato di Pediatria presso l’Università Politecnica delle Marche, autore dello studio -.  Recenti studi tuttora in corso suggerivano che la graduale introduzione del glutine dai 4 mesi d’età in piccole quantità durante l'allattamento proteggesse in parte dall'insorgenza della celiachia. Tuttavia il dibattito è ancora aperto. In Europa sono tuttora in corso studi svolti su grandi coorti di bambini a rischio studiati fin dalla nascita, volti a chiarire le attuali lacune di conoscenza”.

Fonte: http://salute24.ilsole24ore.com/